Opinioni di un clown di Heinrich Boll

Quanto dolore ti hanno lasciato quelle mani tese, le testa imbiancate dal colore della luna, calata sulle nuche glabre…Ancora non sapevi quale film si stava girando e da chi fosse composto il cast, ma certo poi ti venne chiaro il regista e anche lo sceneggiatore.

Buchenwald…

E la fame di sorrisi e il grande bisogno di abbracci ti hanno riportato in chiaro la ferita, come l’acqua limpida di una spiaggia corallina: anche tu avevi bramato amore, ma indarno.

Nessun danna si è presentata a soddisfare le necessita della geisha.

Come è stato duro  sentirsi tradito, quasi allo stesso tempo,  dai genitori e dallo Stato o, per meglio dire, da quelle divise che indossano quelli che li rappresentano.

Non esseri umani, ma parti di una commedia da recitare, con ferree regole di apparenza sociale.

E chi meglio di un clown poteva irridere le ingessate abitudini di una imborghesita società e gli eteronomi personaggi che la affollano? E renderne pienamente l’ilarità, così ben nascosta da un imbacuccato mostrarsi, per risultare  ineccepibili all’altrui osservazione.

E l’ornarsi di valori religiosi alti, così da meritare il palcoscenico di affollate conferenze sulla Bontà, sulla Democrazia, sul rispetto per il Divino.

E coglierne gli imbarazzanti paradossi, il manifestarsi di comportamenti imbarazzanti, al buio.

Ma anche coglierne le delicate movenze della mani di una donna, magari di quella stessa donna che in un attimo raccoglie tutto il suo coraggio e se ne va, via da un amore malato, libera di andare a realizzare il proprio sogno, quello stesso che a te, uomo forte, pare puerile e semplicemente imposto dalla consuetudine.

Comunque siamo d’accordo: esistono forme di prostituzione rispetto alle quali la prostituzione in strada impallidisce.

Abbiamo anche l’intesa del volere affermare la concretezza della vita istintuale, quella che si può negare solo al prezzo del compiere di notte e in silenzio tutti gli atti pubblicamente ritenuti ripugnanti.

Certo, però, caro Schnier, hai davvero esagerato; dai, puoi pure ammetterlo! Non potevi pretendere che chiunque potesse inginocchiarsi alle tue convinzioni. Devi fare una semplice scoperta, malinconico amico: i cuori battono un ritmo assai differente, nessuno di essi è identico a un altro. Non chiedere la prosodia delle credenze: è voler troppo.

In fondo Maria ha fatto l’unica cosa che poteva fare, dopo avere accettato di essere la tua concubina: si è trasferita, lasciandoti povero di quattrini e d’amore.  Adesso a te non rimane altro che svuotare la tua sim card, telefonando a tutti, implorando aiuto.

Come quelle mani a Buchenwald.

Gianfranco Cammarata