Neve ( 2002 )

 

Orhan Pamuk

 

Incredibile! Alla fine, bel lungi da quello che avrei voluto scrivere, mi son detto: questo è un gran libro sul’Amore, quello vero, fatto di paure, di ansie, di mille e mille errori, talvolta scadente nella miseria, per risorgere poi, come Venere a Cerigo, per regalarsi il dono della felicità, o per perderlo, momentaneamente o per sempre.

Ma per questo non avrei da dichiarare la mia riconoscenza a Orhan Pamuk, altri si sono cimentati in simili erte, ma lui si è ricordato che l’Amore è un sentimento fra uomini e gli uomini sono casseforti di debolezze, carri armati di carton gesso, visi che si specchiano nel lago, inconsapevoli che le acque stanno al contempo specchiandosi nei loro occhi.

Tuttavia non potrò mai dimenticare: prima di leggere Neve ero davvero confuso, pesantemente ignorante. Guardavo verso est ogni mattina, attendendo che una nuova luce mi spiegasse cosa accade da quelle parti, ma mi ritrovavo all’imbrunire più tetro di prima, adirato per non essere riuscito trovare la chiave per aprire quell’orizzonte.

Ecco, ci voleva la Neve! La necessità di stare dentro case chiuse, vocianti di differenti idiomi, l’obbligo di ascoltarle tutte, una ad una. E scopri che in quel condominio abitano differenti usi, pensieri di colori opposti, dei di altro peso, capelli da nascondere e capelli da esibire.

Libertà negate o prigionie desiderate? Spazi angusti per me o altezze spaventose per altre?

Atzeri, turchi kemalisti e musulmani, militanti del pkk, curdi marxisti e filo-musulmani integralisti, russi, e ci sono anche i georgiani, oltre tutti quelli che vivono in Germania, con occhi che vedono europeo e cuori che battono asiatici.

E quante cose non avevo capito…Come se la silenziosa neve avesse imposto di seppellire tutti i segreti di una terra prima libera e unita, adesso storpiata e flagellata dalle ideologie dell’appartenenza.

Come se la leggerezza del fiocco cadente non avesse fatto sentire la forza del desiderio di emigrare non solo per scappare dalle crudeltà di casa propria, ma anche per raggiungere le profondità della propria anima.

E quando li vediamo arrivare da noi, “ fino a che punto possiamo capire coloro che vivono fra dolori, frustrazioni e angosce più profonde delle nostre? Se capire vuol dire mettersi al posto di colui che è diverso da noi, i ricchi e i dominatori del mondo hanno mai potuto capire milioni di miseri   emarginati?“

E se al contrario rimangono a proteggersi sotto i loro eleagni, “l’occidente può sopportare una democrazia conquistata da nemici che sono completamente diversi da lui?“

C’è solo una cosa da fare, per capire: porsi sotto la tempesta, per sentire Il silenzio della neve quale il silenzio della vita, il suo freddo quale quello della società, della neve che scende sopra le ostilità, le ambizioni e la rabbia, allo scopo di avvicinare gli uomini.

È vero, ho sentito freddo, ma alla fine ho avuto il tepore dell’abbraccio, il calore del conoscere; non quello dei corpi, ma quello delle menti.

Grazie, Pamuk, questa è letteratura che amo.