La tristezza degli agrumi
La tristezza si coglie negli agrumeti siciliani, a vista.
Alberi minuti, sfogliati , secchi.
E mesto è lo sguardo dell’ agricoltore, che si posa sulle cime degli alberi,
come se volessero proteggerli, aiutarli a riprendersi.
Ed è la stessa malinconia del genitore che vede suo figlio partire,
sradicato dalla sua terra e dal fluire del suo sangue.
E nascostamente lacrima, senza darlo nemmeno a intendere.
Con grande maestria finge
e accompagna i passi con la mano aperta,
quasi a forzarlo,
mentre si spezzano gli anelli della sua colonna,
come il fusto degli agrumi, lesionata.
E niente frutti .
Forse non diventerà nemmeno nonno.
E sconfortato è l’agricoltore che sperava nel nuovo innesto,
nella giovinezza del suo piantume.
La tristezza degli agrumi è la mestizia di un intero popolo,
che perde l’orgoglio del suo calore,
per scoprire il freddo della solitudine,
delle case vuote.
È la Sicilia che si spopola, che manda via i suoi frutti rimasti.
Dov’è la gioia del maestro?
Dov’è la felicità della nonna?
Ma questa terra fu scolpita per essere ammirata,
per essere carezzata.
Fu dipinta su una gran tela
per essere trafitta dalla calda luce del mezzogiorno.
Era l’orgoglio dei presenti
e anche dei viandanti, che potevano raccontare di averla amata,
anche per una sola notte.
Ma eccola lì, confusa
e annebbiata dai fumi della sua montagna,
grattata nelle sue coste,
trafitta nei suoi fondali,
lenta nel suo cammino.
Triste, come i suoi agrumi.
Gianfranco Cammarata
Novembre 2014
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