alfredo ormando
Alfredo Ormando, una vita breve, intensa, un forte solletico alla monotonia di una provincia ammansita dalla normalità, feroce nella stigmatizzazione del diverso.
Organizzato dallo scrittore Gianfranco Cammarata e dall’Arci di San Cataldo, con la relazione molto partecipata di don Piero Riggi, venerdì scorso si è svolto presso la Biblioteca Comunale di San Cataldo un convegno sulle opere, la vita e il pensiero del poeta sancataldese, il quale pose fine alla sua vita dandosi fuoco in Piazza San Pietro il 13 gennaio.
Volle farlo nel posto più visibile, perché aveva vissuto le sue intemperie personali e sociali come messe al silenziatore da una società che non amava né i suoi desideri né le sue ambizioni. E volle farlo lì, dove aveva indirizzato le sue preghiere, nei momenti della solitudine, da credente fervente, intenzionato a farsi prete.
Un tentativo andato quasi fino in fondo, ma non realizzato, per le dolorose dinamiche che sono l’oggetto del suo primo romanzo, “Il Fratacchione” (1995). Una intensa conflittualità fra il bisogno di esprimere la propria omosessualità e la negazione della stessa, allora imposta da una morale rigida quanto inadeguata e irrealistica.
E se tale tentativo si conclude con l’abbandono della via del sacerdozio, scoppia ancor più violento il contrasto con l’ambiente relazionale, quello più intimo e, ancor più, quello allargato. Forte è, dunque, il bisogno di esprimere quest’altra sofferenza, l’asfittica quotidianità di un trascorrere il tempo sempre in contrasto con gli stereotipi e le stigmatizzazioni, nel rivoluzionario bisogno di superarle, di liberare l’animo e l’arte dalle catene dei benpensanti. Ecco, allora, la sfida dell’“Escluso” ( 1998), il secondo romanzo di Alfredo Ormando.
Quasi a temperare l’irruenza dei contenuti dei due romanzi, i giovanili “Vagiti primaverili “(1986), indicano nell’animo dell’autore la voglia di tenerezza, di dolcezza, dell’abbraccio dell’accoglienza. Un abbraccio non avvertito, un ascolto non accettato, una realtà triste da cui fuggire, scappando verso gli orizzonti della fantasia, verso il mondo delle favole, concretata ne “Il monte incantato e altre fiabe” (1998), ove potersi rifugiare sapendo di godere della possibilità di correre libero nelle praterie del mondo possibile, dell’auspicio.
Il meritorio contributo di due speciali lettori delle poesie di Ormando, l’Assessore Comunale alla cultura M.C. Naro e lo studioso leonardesco G. Petix, ha elevato il momento del tributo alle liriche sofferte e dolci del poeta.
Nel rumoroso silenzio dell’evento, quasi come figliol prodigo, il poeta ha ricevuto l’abbraccio della famiglia, una postuma ricomposizione della precedente incomprensione.
Oggi, grazie al lavoro degli operatori della Biblioteca Comunale di San Cataldo e dell’Associazione “Abbiamo qualcosa da dare”, finalmente, i cittadini della terra di Alfredo Ormando possono leggere le sue opere nel tempio della cultura del suo odiato e amato paese, recuperando il contributo prezioso di uno dei personaggi di questa terra, prima d’ora sepolto nell’indifferenza, se non confinato dall’ostracismo.
Qualcuno, dalle numerose fila di pubblico, ha suggerito essere maturo il tempo per ricordare Alfredo Ormando nella toponomastica cittadina: sarà vero?
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