Gli indifferenti


di Alberto Moravia

Una donna amante dell’uomo che le toglierà la villa dove abita, per non avergli potuto rendere un prestito. Una figlia che diventa amante dell’amante della madre, perché non ha altro di meglio da fare. Un figlio che non sa se essere amante o meno della ex amante dell’amante della madre. L’ex amante dell’amante di una madre che vuole essere l’amante del figlio di quella madre.

Pochi personaggi, in un lasso di tempo breve, portati sul palcoscenico del possibile-ma-strano, come in un pezzo di teatro pirandelliano. Tutti con una inespressa e segreta indagine della propria interiorità che ricorda i testi di Dostoewskij.

Il giovane scrittore Moravia ha voluto sorprendere il quieto ambiente borghese del fascismo galoppante, quasi a disconfermare il presunto ordine imposto socialmente dalle squadracce e da un invasato senso dell’onore.

Si potrebbe dare questa lettura sociologica degli                            “ Indifferenti “, ma la mia congerie mentale mi trasporta, durante la lettura, in un universo schizoide, una miscellanea di emozioni senza riverbero, quasi non appartenessero ai personaggi, se non per finzione sociale. 

E se dei gesti vengono compiuti, tutti si mascherano di freudiani atti mancati, sì, perché in verità nulla interessa ai vari personaggi di quello che vien loro richiesto di agire.

Sono indifferenti persino rispetto alla pur minima necessità di dimostrare di poter pretendere qualcosa dalla vita che scorre via, lentamente.

E già, sono indifferenti…

Allora vien da chiedersi se il giovane Moravia non avesse visto lungo, al di là del proprio secolo.

Oggi siamo tutti indifferenti.

Gianfranco Cammarata